Il piacere di Elena nell’estetismo dannunziano

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Il Piacere di D'Annunzio

La letteratura è piena di gioielli unici ed inestimabili. La scrittura italiana conserva perle riconoscibili e vivide, nonostante gli anni trascorsi dalla loro prima pubblicazione. Tra queste vorremmo ricordare ‘Il Piacere’.

Il Piacere, un romanzo di Gabriele D’Annunzio

Il Piacere è un romanzo di Gabriele D’Annunzio scritto a Francavilla al Mare nel 1889, pubblicato l’anno successivo. Rientra nel ciclo narrativo de ‘I romanzi della rosa assieme aL’innocente e Il trionfo della morte.

D’Annunzio fu uno degli esponenti maggiori delle correnti legate al decadentismo ed all’estetismo. Ciò fu possibile grazie alla stesura de ‘Il Piacere’ e della figura di Andrea Sperelli.

Gli anni vissuti dallo scrittore abruzzese erano quelli del naturalismo e del positivismo. Ampio respiro verista aveva donato alla cultura italiana ‘Mastro Don Gesualdo’ di Giovanni Verga, al quale si contrappone nettamente la prosa introspettiva, sensuale, ferina e decadente da D’Annunzio.

Il Piacere come “unico credo”

All’interno del romanzo, Il Piacere, varie sono le sfumature tematiche su cui poter disquisire amabilmente. Ci concentreremo sul personaggio di Sperelli.

D’Annunzio manifesta la necessità di considerare l’arte una sorta di credo. Questo è il motivo per cui ricerca instancabilmente il bello, il prezioso e la perfezione che sono le chiavi per disprezzare la volgarità e le convinzioni etiche borghesi del suo tempo.

Lo spirito voluttuoso di Elena nell’estetismo dannunziano

Vi è una figura femminile fondamentale nella costruzione delle dinamiche narrative de ‘Il Piacere’.

Era uno spirito senza equilibrio in un corpo voluttuario. A similitudine di tutte le creature avide di piacere, ella aveva per fondamento del suo essere morale uno smisurato egoismo. La sua facoltà precipua, il suo asse intellettuale, per dir così, era l’imaginazione: una imaginazione romantica, nutrita di letture diverse, direttamente dipendente dalla matrice, continuamente stimolata dall’isterismo.

Possedendo una certa intelligenza, essendo stata educata nel lusso di una casa romana principesca, in quel lusso papale fatto di arte e di storia, ella erasi velata d’una vaga incipriatura estetica, aveva acquistato un gusto elegante; ed avendo anche compreso il carattere della sua bellezza, ella cercava, con finissime simulazioni e con una mimica sapiente, di accrescerne la spiritualità, irraggiando una capziosa luce d’ideale[1].

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Costei è la femme fatale per eccellenza: Elena Muti. Per Sperelli  incarna la bellezza sensuale, elegante, passionale e domatrice. Le parole utilizzate da D’Annunzio stesso sono piene di sentimento lussurioso e voluttuoso. Elena ha un potere unico per il suo amante: riesce a farlo pendere dalle sue labbra, senza alcuna esitazione, dal suo sguardo e dai suoi più intimi desideri e volontà.

Elena anticipa l’emancipazione femminile della Generazione Z?

Il disegno fornito da D’Annunzio circa Elena è simile alla donna emancipata che vuole sedurre a tutti i costi gli uomini. Nella società della generazione Z, ad esempio, l’erotismo è l’unica soluzione per il raggiungimento dei propri obiettivi assieme alla ricerca spasmodica del successo e del denaro.

La presenza di Elena Muti non è l’unica femminile all’interno del romanzo. Le fa ‘compagnia’ in questo gioco di parti, Maria Ferres suo alter-ego. Maria è l’emblema della cultura e dell’intelligenza, una forza spirituale che non ha nulla a che vedere con i piaceri carnali.

 

[1]  D’Annunzio G., Il piacere, E-text, aprile 2019, p. 419. Edizione digitale consultata in data 29/01/2022 su: https://bit.ly/340ykGn

 

 

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