Silvio Coppola: Daniel Dante e la Compagnia del Lumen Magico

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Silvio Coppola, uomo, giornalista, musicista, compositore

Autore del libro “Daniel Dante e la Compagnia del Lumen Magico” si racconta a ModApp. Il libro non è lo sfogo di una notte o un passatempo, ma è proprio il frutto dell’amore verso la scrittura e verso i suoi figli.

 

 

Coppola ha rilasciato un’intervista per noi parlando anche del rapporto che ha con la moda.

  • Silvio, come racchiuderesti il tuo stile, il tuo look in una parola?

Casual

  • Quando scrivi hai una tua felpa portafortuna/una sciarpa/un anello/ un elemento del tuo guardaroba che ti trasmette serenità?

Le mie tute comode e, d’inverno, calde. Mi danno quel senso di serenità che solo la “casa dolce casa” può dare.

  • Ci sono stilisti che ti affascinano particolarmente o abiti di un certo tipo che indossi per occasioni particolari?

Non cerco il capo firmato a tutti i costi. Se c’è, lo metto, ma non spenderei mai cifre esagerate solo per avere un nome su un capo magari neanche confezionato in Italia.

  • Che tipo di accessori prediligi? Borselli, cinte, sciarpe, cappelli?

Mi piacciono i cappelli, forse come tutti quelli che, ahimè, hanno pochi capelli. Per anni ho avuto sempre una bisaccia con me, dentro non mancava mai penna e bloc notes. Adesso la uso molto meno.

  • Il tuo rapporto con la moda in generale: cosa indossi più facilmente tra marsupi, papillon, anelli?

Jeans, polacchine e maglioni. Niente di speciale. Comunque, la moda che preferisco, sia per uomini che per donne, è quella degli Anni ’60. Il tubino alla Audrey Hepburn resta l’abito più elegante, semplice e femminile che esista, mentre il vestito tre bottoni con gamba a sigaretta alla Sean Connery è la mia idea di uomo elegante.

  • Ti piace osare con vestiti a fantasie o preferisci dei colori e fantasie più sobrie?

Non sono uno spinto nel vestire, credo che in qualsiasi aspetto della vita, quindi anche nella moda, la semplicità sia il massimo dell’eleganza.

  • Cosa ci vuoi dire sul tuo libro Silvio?

L’idea di scrivere questo romanzo è nata per caso, un po’ di anni fa. La sera mi mettevo nel lettone con i miei bambini e raccontavo storie, leggevo libri, rispondevo alle loro incredibili domande. Insomma, tutto quello che fa un qualsiasi padre che ama i suoi figli. I piccoli stavano ad ascoltare incantati, rapiti dalle mie chiacchiere fantasiose. Mia moglie Eliana, onnipresente in ogni cosa buona della mia vita, osservò:

«Se sei così bravo a raccontare storie, perché non scrivi un libro per ragazzi?»

La presi in parola, ma senza impegno, come fosse un gioco. La stesura del romanzo andò avanti, tra slanci d’amore e tristi abbandoni, per oltre dieci anni, finché mi trovai a un bivio: terminarlo o abbandonarlo definitivamente? Scelsi la prima opzione e fu una buona scelta.

 

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